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Long life 2015/La battaglia contro i tumori OF OSSERVATORIO FINANZIARIO

SOMMARIO

I tumori sono una delle grandi paure dei nostri giorni, rappresentando la seconda causa di morte in Italia. Ma i progressi della medicina si impongono anche in questa direzione, con studi innovativi condotti anche in Italia. Come quello di Alberto Mantovani, pubblicato dalla rivista Cell e focalizzato su una molecola dall’immunità innata. Altre sperimentazioni si sono invece concentrate sui tumori del sangue, al seno e al cervello, mentre pochi giorni fa è stato portato a termine per la prima volta a livello mondiale l’intervento che ha permesso l’impianto di un bacino artificiale in un paziente affetto da tumore osseo. L’impresa è quella dell’Ospedale Cto di Torino

Long life 2015/La battaglia contro i tumori

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Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, in Europa il cancro causa il 20% delle morti, con oltre 3 milioni di nuovi casi e 1,7 milioni di decessi ogni anno, attestandosi come principale causa di morte dopo le malattie cardiovascolari (eppure il 40% dei tumori diagnosticati potrebbe essere prevenuto adottando stili di vita corretti e sottoponendosi a esami di diagnosi precoce). Ma se le prospettive di vita si allungano è merito anche dei progressi realizzati dalla medicina che ha intrapreso ricerche volte a curare questa malattia e a migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Tra le ultime sperimentazioni si distingue in particolar modo quella coordinata dal prof. Alberto Mantovani (Direttore Scientifico di Humanitas e docente di Humanitas University), finanziata dal 5x1000 dell’Airc (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) e realizzata in collaborazione con prestigiosi istituti internazionali. Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell, dimostra per la prima volta che una molecola dell’immunità innata, PTX3, scoperta una ventina di anni fa dallo stesso Mantovani e dal suo team, si comporta come oncosoppressore con un nuovo meccanismo, quello cioè di frenare la formazione del cancro, tenendo sotto controllo la risposta infiammatoria. Adesso PTX3 è in fase di test come potenziale farmaco per impedire le infezioni da Aspergillus nei pazienti affetti da tumore e con difese immunitarie compromesse. L’auspicio che si fanno i medici è quello di iniziare entro l’anno una sperimentazione clinica di PTX3 contro i tumori.

Il lavoro dell'Istituto nazionale tumori Regina Elena (pubblicato su Nucleic acid research e finanziato dall’Airc) ha invece rivelato il meccanismo che permette ai farmaci di riconoscere e uccidere le cellule tumorali, mantenendo intatte quelle sane. Particolarmente sensibile all’azione dei farmaci è risultato essere il telomero, porzione di Dna che si trova nella parte estrema del cromosoma, considerato l’orologio biologico della cellula. Accorciandosi ogni volta che la cellula si divide, inducono la cellula verso il processo di senescenza.

Un enzima chiamato telomerasi è in grado di contrastare questo processo e, nelle cellule tumorali, continua ad agire allungando la vita di tali cellule. La ricerca del gruppo coordinato da Annamaria Biroccio ha identificato alcune molecole che legano una particolare struttura di telomeri (G-quadruplex), bloccando l'accesso della telomerasi. Inoltre si è scoperto che a rendere le cellule tumorali particolarmente sensibili all'azione di tali farmaci è la presenza di telomeri alterati. Gli studi su telomero e telomerasi offrono quindi interessanti spunti per approfondire la questione dell’invecchiamento delle cellule tumorali.

Italiano anche lo studio condotto dall’Istituto nazionale tumori di Milano e pubblicato sulla rivista Cancer Research, che ha individuato un nuovo meccanismo, alla base del quale si trova l’osteopontina, responsabile della creazione di metastasi nel tumore al seno. I risultati ottenuti potrebbero rappresentare una svolta nella cura della malattia.

Ha invece segnato un passo in avanti contro i tumori del sangue, lo studio pubblicato su Nature Medicine e condotto da un gruppo di ricercatori dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano in collaborazione con la Harvard Medical School. Al centro della ricerca un gene sentinella e oncosoppressore, YAP 1, che si attiva disattivando una proteina (STK4). Kenneth Anderson, che ha guidato i colleghi statunitensi di Harvard, ritiene che i risultati definiscano una potenziale cura per i tumori ematologici ad alto rischio, refrattari a terapie convenzionali.

---- La medicina personalizzata è stata invece al centro dell’interesse dell’Università della California che ha creato gli avatar delle cellule tumorali per testare l’efficacia dei farmaci. L’obiettivo dello studio, pubblicato sul Journal of Translation Medicine, è di portare la tecnologia in clinica per identificare le migliori terapie per il trattamento dei singoli pazienti.

Un team di scienziati della Perelman School of Medicine dell’University of Pennsylvania, in collaborazione con Novartis Institutes for BioMedical Research, è invece giunto a interessanti conclusioni riguardanti la cura sul tumore al cervello. La ricerca, che è stata pubblicata su Science Translational Medicine, ha portato alla creazione di cellule modificate in provetta (in particolare linfociti T) iniettate nel sangue del paziente e “addestrate” a riconoscere le cellule malate che espongono una molecola tumorale chiamata EGFRvIII. Testati sui topi i linfociti T addestrati sono andati a caccia di tutte le cellule tumorali esponenti la molecola EGFRvIII, riducendo la massa tumorale o eliminandola del tutto. A breve dovrebbe partire la prima sperimentazione clinica su 12 pazienti per verificare se il metodo è efficace anche sull’uomo.

Infine è recentissima la notizia che avrebbe visto per la prima volta al mondo impiantare in un paziente affetto da tumore osseo un bacino artificiale. Nello specifico il paziente in questione è un ragazzo di 18 anni della provincia di Torino, mentre l’equipe medica che ha eseguito l’intervento durato 12 ore è quella dell’Ospedale Cto di Torino. Il bacino in titanio e tantalio è stato realizzato negli Stati Uniti, con le misure prese dal calco ricavato dalla Tac del paziente, la cui malattia era stata considerata fino a qualche tempo prima inoperabile.

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