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Mercati azionari. Dopo la Grecia ora è rischio bolla OF OSSERVATORIO FINANZIARIO

SOMMARIO

Gli economisti stimano che le probabilità che si possa formare una bolla speculativa sono del 60-70%. Tuttavia sono anche convinti che, date le attuali condizioni, soprattutto in Europa, vi è la fondata possibilità che i corsi di borsa possano crescere ancora, probabilmente a doppia cifra. I settori maggiormente favoriti sono le biotecnologie, le società di gestione del risparmio e in parte le banche. L’importante è capire quando sarà il momento giusto per uscire

Mercati azionari. Dopo la Grecia ora è rischio bolla

I mercati hanno brindato a champagne per la fine dello psicodramma ellenico. Occorreranno presumibilmente ancora alcune settimane perché i dettagli dell'accordo tra la Grecia e le istituzioni creditrici (Bce, Fondo monetario internazionale, Unione europea) vengano definiti in modo completo.

Tuttavia i rialzi registrati in borsa dopo la notizia dell'individuazione di una soluzione politica, + 3,4% Piazza Affari, + 4,03% l'indice Eurostoxx 50 delle grandi capitalizzazioni europee, e via di seguito in Europa, fanno capire che i mercati considerano chiusa la vicenda.

A questo punto, tuttavia, si pone un nuovo ordine di problemi, su cui peraltro gli economisti stanno dibattendo da diversi mesi. Le borse globali sono entrate, o sono prossime a fare il loro ingresso in una nuova, pericolosa, bolla speculativa? La domanda è più che mai legittima nel momento in cui il Nasdaq raggiunge una quota di 5160 punti, un massimo superiore a quello toccato all'epoca della bolla delle dot.com nel 1999-2000, l'indice S&P500 delle blue chip americane dopo sei anni consecutivi di rialzi tocca una vetta di 2.120 punti, e i listini europei viaggiano su performance a doppia cifra da inizio anno, con i titoli scambiati a una media di 16 volte gli utili attesi dell'esercizio successivo.

L'interrogativo è pressante ma le risposte degli economisti sono contraddittorie. Perché è vero che valutazioni dei titoli azionari sono molto elevate in tutto il mondo (non dimentichiamo che c’è anche il +40% della borsa di Shanghai e il +20% della borsa di Tokio da gennaio) ma anche la politica monetaria eccezionalmente espansiva e il livello dei tassi di interesse, prossimi allo zero in tutti i paesi sviluppati, sono elementi assolutamente eccezionali, giudicati capaci di “sostenere” quotazioni così alte.

Gli indicatori di bolla
Uno dei pochi economisti che nel 2000 (le dot.com e la bolla internet) e successivamente nel 2007 (lo scoppio della crisi dei mutui “subprime”, i prestiti ipotecari ad alto rischio negli Stati Uniti) ebbe la chiara visione che i mercati azionari stavano attraversando una fase di “esuberanza irrazionale” è l'americano Robert Schiller, premio Nobel per l'economia nel 2013. ---- Il suo modello di valutazione dei titoli azionari prevede l'utilizzo di un parametro, il cosiddetto Cape (ciclically adjusted price-earnings ratio), che consiste nel dividere il prezzo delle azioni per la media storica degli utili realizzati dalle società negli ultimi dieci anni. Secondo Schiller il valore “fisiologico” di questa media è di circa 17 mente oggi il “Cape” della azioni americane è pari a 27 e si colloca su valori elevati anche in altre borse dei paesi sviluppati. Siamo dunque nel pieno di una nuova bolla azionaria?

Gli economisti del Credit Suisse stimano che ci siano probabilità molto elevate, nell'ordine del 60-70%, che sui mercati azionari si possa formare una nuova bolla speculativa. Tuttavia sono anche convinti che questa distorsione non sia ancora in atto. In altre parole se da adesso in avanti le quotazioni degli indici azionari cresceranno ancora in modo abnorme e si registreranno alcuni (o tutti) i sintomi tipici delle bolle speculative, il rischio di una esuberanza irrazionale, seguito da un doloroso e repentino ritorno alla realtà, diventerà reale. Vediamo quali sono i segni premonitori.

I sintomi delle bolle speculative
“Il formarsi di una “bolla” sui mercati azionari generalmente si accompagna ad alcune anomalie facilmente riconoscibili”, scrive l'economista Andrew Garthwaite nello studio del Credit Suisse dedicato al rischio speculativo. Si può parlare di “bolla” quando:

1) Emergono nuovi paradigmi interpretativi. “Questa volta è un'altra cosa” è il ragionamento più comune. Questo modo di approcciare il mercato si presenta quando vengono formulati nuovi concetti in grado di giustificare gli acquisti di borsa a dispetto di fondamentali aziendali (utili, crescita, rapporto prezzo/utili, dividend yield) non sono in linea con le quotazioni raggiunte. Questo sintomo, secondo il Credit Suisse non è attualmente in atto.
Anche nel settore internet gli investitori sono ben consapevoli dell'importanza della generazione di flussi di cassa da parte delle aziende. E nessuno invoca, come ai tempi delle dot.com fantasiosi criteri che giustificano i prezzi raggiunti dai titoli.

2) L'andamento dei profitti aziendali diventa irrilevante. Anche sotto questo importante elemento di realtà, con l'eccezione forse delle azioni cinesi, secondo il Credit Suisse, non siamo in bolla. Infatti la crescita delle quotazioni azionarie nei paesi sviluppati si muove di pari passo con l'aumento degli utili. E lo stile di investimento basato sulla selezione di aziende che presentano un binomio di crescita dei ricavi e aumento dei dividendi è uno degli approcci di maggior successo per investire sul mercato azionario. In altre parole: i profitti sono tenuti in altissima considerazione da parte degli investitori nella selezione del portafoglio. ---- 3) Gli analisti cominciano a fare ipotesi sull'azzeramento del premio per il rischio, ovvero su quella remunerazione aggiuntiva richiesta dagli investitori a fronte dell'incertezza dell'andamento delle azioni. Attualmente “il premio per il rischio” negli Stati Uniti è superiore al 6%, un valore considerato nella norma.

4) Sul mercato azionario si affacciano in massa gli investitori privati. In questo momento al di fuori dell'indice delle azioni A (investibili solo per i residenti) della borsa di Shanghai la partecipazione degli investitori privati al rally delle borse mondiali è stata molto limitata.

5) Le operazioni di fusione e acquisizione di aziende (M&A) sono in rapida crescita e tendono a raggiungere un massimo di periodo. In media dopo otto mesi dal raggiungimento di questo picco c’è la fine della bolla speculativa, con un crollo repentino delle quotazioni. Il numero molto elevato di operazioni di M&A che si è registrato nell’ultimo semestre potrebbe essere un segnale del formarsi di una bolla.

6) C’è un eccesso di investimenti. La fine del mercato Toro alla conclusione degli anni Novanta fu segnalata, tra l’altro, da un boom della spesa per investimenti in impianti e macchinari, vale a dire in nuova capacità produttiva. Fino ad oggi la ripresa economica dei paesi sviluppati non ha dato luogo a un eccesso di investimenti. Anche questo è un dato rassicurante.

Conclusione
Questa analisi, che riflette in gran parte lo stato del dibattito internazionale sul rischio del crearsi di una nuova bolla speculativa, non esclude dunque questa eventualità (data anzi per probabile), ma ci dice che non esistono ancora i sintomi tipici di una bolla conclamata. Secondo gli analisti del Credit Suisse, date le attuali condizioni di politica monetaria e data la crescita “sana” degli utili aziendali, è molto probabile che, soprattutto in Europa, i corsi di borsa possano crescere ancora, probabilmente con performance a doppia cifra.

I settori maggiormente favoriti da questa ulteriore gamba di rialzo sono le biotecnologie, le società di gestione del risparmio e in parte le banche, i cui profitti continuano a essere molto bassi ma che manifestano segnali di crescita.

Investire in azioni può dunque essere ancora un buon affare, ma facendo molta attenzione al timing di uscita quando sarà venuto il momento. Tenendo bene sottocchio i sei elementi che segnalano il pericolo di una “esuberanza irrazionale” del mercato.

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