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Fondi. Quelli “buoni” proteggono dalle intemperie di mercato OF OSSERVATORIO FINANZIARIO

SOMMARIO

Trascurare l’ambiente può costare molto caro, anche ai risparmiatori. Lo sanno bene gli investitori che hanno perso il 37% dalle azioni Volkswagen, dopo lo scandalo delle emissioni. O che hanno tenuto in portafoglio titoli bancari subito dopo il loro crollo. L’alternativa? Sono i fondi “verdi”, etici per composizione e convenienti per il portafoglio. Quali sono? Quanto rendono? E dopo quanto tempo ci si possono aspettare le performance migliori?

Fondi. Quelli “buoni” proteggono dalle intemperie di mercato

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L’investimento verde è “buono”, anche nel rendimento. Infatti oltre a preservare l’ambiente, a garantire la responsabilità sociale d’impresa e a riconoscere il rispetto di elevati standard di trasparenza nella gestione societaria le performance degli investimenti “responsabili” danno buone soddisfazioni ai risparmiatori. Lo confermano i più importanti indici globali di sostenibilità. Dal 2007 a oggi il paniere Msci World Sri di Morgan Stanley Capital International (la società internazionale per la produzione di indici scorporata da Morgan Stanley) che include grandi imprese e mid-cap di 23 paesi industrializzati caratterizzate da un elevato punteggio “etico”, ha registrato a oggi una performance di 132,38 (fatta 100 la base di partenza nel 2007), contro un risultato di 126,61 dell’indice Msci World “tradizionale”.

L’investimento verde tuttavia è “lento”. Bisogna avere pazienza e saper attendere i risultati: i benefici sui rendimenti di portafoglio si vedono generalmente solo nel medio-lungo periodo. Viceversa, i danni derivanti da scelte poco responsabili possono essere immediati quanto catastrofici (leggi qui l’intervista ad Alessandra Viscovi di Etica sgr). Un po’ come quando esplose lo scandalo dei dati manipolati sui livelli delle emissioni dei motori di Volkswagen: il titolo, che il 18 settembre del 2015, poche ore prima che la notizia facesse il giro del mondo, valeva 162 euro, a inizio ottobre aveva già perso oltre il 37% del suo valore, e attualmente è scambiato con uno sconto del 15% rispetto al valore iniziale (137,2 euro) . Questa è forse la dimostrazione più clamorosa di quanto trascurare l’ambiente possa risultare disastroso, anche per il portafoglio.

“In sintesi l’investimento “verde” o Sri nel medio-lungo periodo non solo non compromette i rendimenti, ma anzi, incide positivamente sui risultati. Perché consente di eliminare sacche di rischio difficilmente individuabili attraverso l'analisi economico-finanziaria tradizionale”, spiega Francesco Bicciato, Segretario Generale del Forum per la Finanza Sostenibile, l’associazione senza scopo di lucro che si propone di promuovere l'investimento responsabile in Italia.

Ma che cosa sono gli investimenti socialmente responsabili?
La finanza “verde”, talvolta semplicemente etichettata dalla sigla Sri (in inglese, sustainable and responsible investment) si differenzia dalla finanza tradizionale per i criteri (comunemente abbreviati in Esg) con cui vengono realizzate le scelte di portafoglio. Significa che i titoli (azioni, obbligazioni, altri prodotti finanziari) che vengono selezionati per l’investimento sono soltanto quelli dotati di un elevato punteggio sotto il profilo non solo ambientale (environment), ma anche di responsabilità sociale (social) e della trasparenza e correttezza nella gestione societaria (governance). Mentre, al contrario, non fanno parte dell’universo investibile “verde” tutti quei titoli che “etici”, per convenzione ma anche per senso comune, sicuramente non sono. No, quindi, a armi, pornografia, tabacco, test sugli animali e gioco d’azzardo. Sì a fonti di energia rinnovabile, misure preventive sulle immissioni inquinanti, salute.

---- I fondi ESG in Italia
Anche l’Italia ha la sua fetta del mercato globale degli investimenti socialmente responsabili. Secondo i dati della società indipendente di ricerca Vigeo rating a giugno 2015 (ultimo dato disponibile) si contavano nella Penisola 19 fondi SRI domiciliati nel Paese (e destinati alla clientela privati) , 7 in più rispetto all’anno precedente. Le masse amministrate, al giugno scorso, erano superiori ai 3 miliardi di euro. Si tratta di una quota ancora piuttosto esigua se calcolata sul totale dei capitali amministrati dall’industria italiana del risparmio gestito che, a marzo, (dati Assogestioni) ha messo a segno una raccolta netta di 11,5 miliardi di euro portando il patrimonio gestito nel suo complesso al nuovo massimo storico di 1.854 miliardi di euro.

“L’area della finanza socialmente responsabile, risulta tuttavia in crescita costante”, dice Bicciato. “Analogamente a quanto avviene sul mercato europeo, anche in Italia il settore degli investimenti sostenibili è influenzato per lo più da pochi grandi investitori istituzionali, come fondi pensione, imprese assicuratrici, fondazioni”. “Tuttavia, si inizia a riscontrare un interesse maggiore da parte del mercato degli investitori privati. In particolare, secondo l’edizione 2015 dello studio Green, Social and Ethical Funds in Europe 2015 i fondi retail sostenibili in Europa hanno registrato un tasso di crescita del 36%”, conclude Bicciato.

Le alternative in Italia
L’offerta più corposa sul mercato italiano riguarda i fondi bilanciati, vale a dire quelle gestioni caratterizzate da un portafoglio misto che combina una quota di investimento azionario ad una quota (a minor rischio) di obbligazioni. Al pari dei fondi comuni tradizionali, infatti, anche i fondi “etici” - che rispondono a criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di buon governo dell'impresa -possono essere distinti in base all’asset allocation di base, cioè a seconda della percentuale minima e massima di investimento azionario che li caratterizza, e che di conseguenza ne orienta il livello di rischio. I bilanciati, secondo i dati Vigeo sono 7 su un totale di 19. Chi vuole osare di più può scegliere tra i 6 fondi azionari il cui portafoglio è investito almeno al 70% in titoli azionari. Mentre le gestioni “prudenti” sono i fondi obbligazionari, con un portafoglio al 100% composta da obbligazioni.

---- Le performance
Quanto paga la finanza buona? Come abbiamo visto la regola aurea è che tendenzialmente le performance sono migliori sul medio-lungo periodo. I fondi Sri (Socially Responsible Investment) richiedono pazienza, e se a un anno il rendimento è negativo (nel 2015 però era a segno più), la situazione cambia se ci si sposta su un orizzonte temporale di 3 anni. Tra i fondi “responsabili” (fonte Morningstar) il rendimento annualizzato a tre anni più alto è garantito dagli azionari. Etica Azionario I e Etica Azionario R di Etica Sgr registrano una performance annualizzata a doppia cifra, rispettivamente del 13,71% e del 12,71%. Mentre, con Etica Bilanciato I, sempre di Etica Sgr, si può portare a casa il 10,12% (vedi la tabella completa).

L’articolo prosegue sotto la tabella. I fondi sono ordinati per rendimento a 3 anni.



Il contesto europeo
Molto ampio e variegato è il panorama dell’offerta a livello europeo. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla società di ricerca indipendente Vigeo rating, i fondi che seguono i principi Sri - e che quindi escludono dal loro portafoglio tutti i titoli di produttori di alcool, armi, energia nucleare, organismi geneticamente modificati e le società attive nel mondo del gioco d’azzardo e dell’intrattenimento per adulti (oppure poco rispettose delle comunità in cui operano o caratterizzate da regole di governance poco trasparenti) - in Europa hanno raggiuto la soglia dei 1.204 (alla fine di giugno 2015) , con un aumentato del 26% rispetto all’anno precedente. Per un totale di masse amministrate che quasi raggiungono i 136 miliardi di euro, in crescita del 7% rispetto al 2014. Tuttavia, anche su scala europea, i fondi SRI rappresentano ancora una quota marginale sul totale delle masse gestite dall’industria del risparmio e coprono una quota di mercato dell’1,7%, in lieve riduzione rispetto all’1,8% rilevato nel 2014.
A guidare la classifica delle nazioni europee più “responsabili” è la Francia che conta asset per 47 miliardi di euro e 396 fondi Sri in distribuzione. Il Regno Unito muove 20 miliardi, la Svizzera 13 miliardi e i Paesi Bassi si fermano a 12 miliardi di euro.

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